In questa nuova newsletter siamo lieti di ospitare il Dr. Giuseppe Toffoli, che da anni si occupa di ricerca farmacogenetica e farmacogenomica, avvalendosi di una numerosa casistica e di collaborazioni con prestigiosi istituti nazionali e internazionali come la Chicago University.

Gran parte dei test di diagnostica molecolare farmacogenetica messi a punto da Diatech ha tratto spunto dai risultati dei suoi studi e dalle sue conoscenze.

Negli ultimi anni numerose ricerche sono state condotte per meglio definire il ruolo di innovativi approcci di carattere farmacogenetico / farmacogenomico per la personalizzazione delle terapie, soprattutto in campo oncologico. Gli studi di farmacogenetica sono importanti per approfondire i caratteri genetici legati alla variabilità interindividuale nella risposta e nello sviluppo di tossicità ai trattamenti chemioterapici. Queste differenze di risposta possono essere correlate a varianti genetiche, chiamate polimorfismi, presenti in una percentuale >1% nella popolazione, che in condizioni normali non hanno alcun effetto, ma che in particolari condizioni di stress (come un prolungato trattamento chemioterapico) possono influire sulla biodisponibilità del farmaco. I farmaci antiblastici presentano un Indice Terapeutico (rapporto tra la massima dose tollerata e la minima dose efficace) molto basso e piccole variazioni nel metabolismo dei farmaci stessi potrebbero determinare effetti molto diversi, sia in termini di risposta che di tossicità. Nell’utilizzo di farmaci chemioterapici risulta di particolare interesse la definizione di un approccio innovativo, come quello della farmacogenetica, per la definizione del dosaggio e della scelta dei farmaci.

Un esempio è dato dalla terapia con irinotecano per il trattamento di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico. Numerosi studi di farmacogenetica sono stati condotti negli ultimi anni per valutare quale potesse essere l’impatto di alcune varianti genetiche del gene UGT (uridina-glucuronosil-transferasi) nella modulazione della risposta e della tossicità al trattamento con irinotecano. Il gene UGT codifica per un enzima chiave per la detossificazione epatica del metabolita attivo del farmaco. Alcuni studi hanno dimostrato che alcune varianti di questo enzima (UGT1A1*28, UGT1A1*6, UGT1A1*60, UGT1A7*3, UGT1A9*22) sono più o meno correlate con una riduzione dell’espressione e/o della capacità enzimatica che si riflette in una riduzione nella detossificazione del metabolita attivo. Questo comporta un maggior rischio di sviluppo di tossicità e una maggiore esposizione al farmaco nella sua forma attiva. Il polimorfismo che è risultato di maggiore impatto sulla riduzione della attività enzimatica nella popolazione Caucasica è UGT1A1*28.

Numerosi studi sono stati condotti per definire un approccio farmacogenetico basato sulle varianti genetiche sopra riportate per la personalizzazione del trattamento chemioterapico con irinotecano. Alcuni studiosi hanno addirittura coniato il termine di “irinogenetica” (farmacogenetica dell’irinotecano) indicando il polimorfismo UGT1A1*28 come marker predittivo di tossicità severa nei confronti dell’irinotecano, soprattutto a livello gastrointestinale ed ematologico. In seguito a questi studi, nel 2005 la FDA (Food and Drug Administration) americana ha richiesto che nel foglietto illustrativo del farmaco comparisse l’avvertimento di rischio elevato di neutropenia nei pazienti omozigoti per UGT1A1*28. Le avvertenze riportate nel foglietto illustrativo risultano però ancora troppo vaghe, in quanto raccomandano una riduzione di dose iniziale di irinotecano per pazienti con genotipo UGT1A1*28/*28, senza però dare indicare esattamente quale dose debba essere somministrata in questi casi.

Bisognerebbe anche tenere in considerazione che probabilmente la valutazione di una singola variante genetica non è sufficiente per stabile quale possa essere il migliore trattamento da somministrare al paziente. Recentemente, infatti, il ruolo predittivo di tossicità ematologica è stato suggerito anche per altre varianti di UGT1A1, come il fenotipo UGT1A7*3/*3 e l’aplotipo I. I dati emergenti dagli studi di farmacogenetica poi devono essere considerati anche alla luce della provenienza etnica dei pazienti. Infatti, alcuni studi hanno indicato, ad esempio, come nella popolazione asiatica il polimorfismo UGT1A1*6 potrebbe avere un ruolo sinergico con il polimorfismo UGT1A1*28 nella capacità di riduzione dell’attività enzimatica.

Quindi appare chiaro come ci siano numerose variabili da considerare nella personalizzazione della terapia su base farmacogenetica e come un approccio fondato più sull’analisi di molteplici polimorfismi che su di un singolo SNP possa rappresentare una strategia efficace per individuare il dosaggio ottimale del farmaco che permetta di ottenere la migliore risposta possibile a discapito di una ridotta tossicità.

Si ringraziano
Dr. Giuseppe Toffoli
Direttore dell’Unità di Farmacologia Sperimentale e Clinica del CRO – Istituto Nazionale Tumori – Aviano (PN)
Dr.ssa Erika Cecchin
Dirigente I livello dell’Unità di Farmacologia Sperimentale e Clinica del CRO – Istituto Nazionale Tumori – Aviano (PN)
Dr.ssa Paola Biason
Ricercatrice dell’Unità di Farmacologia Sperimentale e Clinica del CRO – Istituto Nazionale Tumori – Aviano (PN)